Il ricambio generazionale

11 Febbraio 2022

Patto di famiglia, quando il ricambio generazionale è in azienda.

Per ogni imprenditore la propria azienda può essere equiparata a un figlio a cui si vuole garantire un futuro prosperoso, ricco di collaboratori preparati e, soprattutto, di una guida sicura.  Ma come scegliere il proprio successore per questo importante e oneroso passaggio di testimone? Attraverso il patto di famiglia.
Introdotto dal Codice Civile nel 2006, il patto di famiglia può essere utilizzato come valido strumento in aiuto degli imprenditori a fine carriera per favorire il ricambio generazionale.

Che cos’è il patto di famiglia? 

Il patto di famiglia è un contratto/accordo tra familiari al fine di regolare la successione in azienda da parte di uno di essi. 
Nello specifico, l’imprenditore decide a chi trasferire, tra i suoi discendenti, tutta o parte dell’azienda (o delle proprie partecipazioni sociali) senza che vi possano essere contestazioni in successiva sede di eredità. 
In questo modo la legge consente all’imprenditore di disporre liberamente della propria azienda/partecipazioni societarie di cui è titolare purché in accordo con i suoi familiari.

Quali sono le caratteristiche principali del patto di famiglia?

  • Deve essere stipulato per atto pubblico da parte di un notaio;
  • Chi trasferisce i propri beni deve essere necessariamente un imprenditore o il titolare di quote societarie; mentre chi ne beneficia, deve essere necessariamente un discendente del primo. Questo significa che un imprenditore non può lasciare la sua azienda ai genitori o al coniuge ma può stipulare un patto di famiglia solamente a favore dei propri discendenti, cioè dei figli o, eventualmente, dei nipoti.
  • È un contratto plurilaterale al quale devono partecipare non solo l’imprenditore e il discendente beneficiario, ma anche, il coniuge e tutti coloro che sarebbero legittimari, ovvero i chiamati all’eredità, se la successione si aprisse in quel momento.
  • I beneficiari assegnatari dell’azienda o delle partecipazioni societarie liquidano gli altri partecipanti al contratto con il pagamento di una somma corrispondente al valore delle quote riservate ai legittimari se si aprisse la successione.
    Tuttavia, i legittimari possono anche rinunciare in tutto o in parte al pagamento della quota a loro riservata.
    La liquidazione ai legittimari di una somma di denaro (o di beni di ammontare corrispondente) o anche la loro rinuncia ad essere liquidati consente di raggiungere lo scopo: preservare il trasferimento dell’impresa al discendente scelto dall’imprenditore da azioni di riduzione attivabili da parte dei legittimari.
  • Eventuali nuovi soggetti che assumono la qualifica di legittimari dopo la stipula del patto di famiglia (esempio il nuovo coniuge dell’imprenditore vedovo/celibe; nuovi figli) possono chiedere ai beneficiari del patto il pagamento di una somma pari al valore della quota di legittima che gli spetta per legge.
  • Il contratto può essere sciolto o modificato dagli stessi soggetti che vi hanno partecipato:
    • Con diverso contratto (stipulato sempre per atto pubblico);
    • Mediante recesso (se previsto nel patto di famiglia originario) con una dichiarazione agli altri contraenti certificata da un notaio.

Che regimi di tassazione segue il patto di famiglia?

I trasferimenti a favore dei discendenti di aziende o rami di esse, di quote sociali e di azioni effettuati tramite patto di famiglia, sono esenti dall’imposta sulle successioni e donazioni, a condizione che:

  • il beneficiario dei beni deve essere un discendente (figlio, nipote);
  • in caso di quote o azioni di società di capitali, il trasferimento sia tale da fare acquisire o integrare il controllo della società, che si realizza quando un soggetto dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria di una società, ossia detiene più del 50 per cento delle quote o azioni della società con diritto di voto nell’assemblea ordinaria;
  • i beneficiari del trasferimento proseguano l’esercizio dell’impresa o detengano il controllo della società le cui quote sono state trasferite per un periodo non inferiore a 5 anni dalla data del trasferimento.

L’esenzione si estende anche alle imposte ipotecaria e catastale relative agli immobili contenuti nell’azienda ceduta.

Più complessa invece potrebbe sembrare la posizione fiscale dei soggetti partecipanti alla stipulazione del patto di famiglia non assegnatari dell’azienda o delle quote di partecipazione sociale che hanno ricevuto la liquidazione della quota in denaro o in natura. 
La norma, infatti, non contiene una regolamentazione del trattamento tributario da applicare alla liquidazione dei legittimari non assegnatari. Tuttavia, l’interpretazione più accreditata è quella di trattare fiscalmente le somme e i beni come sarebbero trattati le somme e i beni ricevuti nella successione.
Visto il carattere anticipatorio del patto di famiglia, si tende ad applicare le norme in tema di successione con le relative aliquote e franchigie di esenzione, ovvero:

  • Aliquota del 4% per i trasferimenti in favore del coniuge o di parenti in linea retta da applicare sul valore eccedente, per ciascun beneficiario, la quota di 1 milione di euro; 
  • Aliquota del 6% per i trasferimenti in favore di fratelli o sorelle da applicare sul valore eccedente, per ciascun beneficiario, 100.000 euro; 
  • Aliquota del 6% per i trasferimenti in favore di parenti fino al quarto grado, degli affini in linea collaterale fino al terzo grado, da applicare sul valore complessivo trasferito senza nessuna franchigia.

Il patto di famiglia è quindi una soluzione, permessa dal Codice Civile dal 2006, per cui un imprenditore, al termine della sua carriera, può scegliere liberamente il successore della sua azienda tra i suoi discendenti.

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